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Le playlist aumentano davvero gli stream? I dati dietro alle playlist editoriali

  • Martina
  • 23 settembre 2025, martedì
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Silhouette di profilo con capelli ricci rosa brillante contro cielo nuvoloso grigio-blu, figura scura in controluce.

Lo avrai sentito dire un’infinità di volte: finire in una playlist può far decollare i tuoi ascolti. Ma quanto c’è di vero? Le playlist editoriali sono davvero il biglietto d’oro o l’hype supera i numeri? In questo articolo analizziamo i dati, esaminiamo casi concreti e ti diamo spunti pratici per capire davvero come le playlist possano aumentare ascolti e follower. Iniziamo!

Cosa tenere a mente fin da subito:

  • Le playlist possono generare grandi picchi di ascolti, ma solo in determinate condizioni.

  • - Non tutta l’esposizione si traduce in fan o follower nel lungo periodo.

  • Il modo in cui sfrutti la presenza in playlist — con posizionamento, promozione e follow-up — determina se il beneficio sarà temporaneo o duraturo.

  • Sapere quali fattori incidono sul successo ti permette di pianificare con intelligenza, senza affidarti solo alla fortuna.

Il panorama attuale delle playlist

Nell’era dello streaming, le playlist non sono solo un’opzione di ascolto: sono diventate parte integrante della cultura musicale. Spotify, Apple Music e Deezer non sono più semplici player, ma veri e propri motori di scoperta, dove playlist curate determinano ogni giorno cosa ascoltano milioni di persone.

Gli studi lo confermano: nel 2020, una ricerca di Deezer mostrava che circa il 40% delle persone preferiva le playlist agli album. Nel 2022, la Competition and Markets Authority del Regno Unito ha rilevato che circa il 20% degli ascolti proveniva da playlist delle piattaforme e un ulteriore 11% da radio algoritmiche o funzioni di autoplay.

In pratica, un terzo degli ascolti è influenzato da fonti curate o guidate dalle piattaforme: un cambiamento enorme nel modo in cui la musica viene scoperta e consumata.

La sola Spotify ospita oltre 8 miliardi di playlist generate dalle persone, ma solo una frazione ha il peso della cura editoriale. Il team editoriale di Spotify mantiene circa 3.000 playlist tra generi, mood e attività, con playlist di punta come “Today’s Top Hits” che vantano oltre 34 milioni di follower. Altre grandi piattaforme, tra cui Apple Music, Amazon Music e YouTube Music, mantengono collezioni curate, anche se non divulgano numeri esatti.

Ciò che distingue le playlist editoriali da quelle generate dalle persone è visibilità e autorevolezza. Chiunque può creare una playlist, ma quelle editoriali beneficiano della promozione privilegiata nell’app e dell’endorsement implicito della piattaforma stessa. Quando Spotify inserisce un brano in “New Music Friday”, non sta semplicemente riempiendo uno slot: sta facendo una dichiarazione sulla qualità e sul potenziale commerciale del brano.

La crescita della cultura delle playlist ha creato nuovi gatekeeper nell’industria musicale. Chi cura le playlist oggi ha un’influenza paragonabile a quella dei programmatori radiofonici dei decenni scorsi, con in più la capacità di esporre un brano a milioni di persone con una singola aggiunta. Invece di macro-demografie, chi cura può collocare i brani in playlist che puntano a mood, momenti e micro-generi specifici, collegando la musica a chi ascolta in modo altamente mirato.

Ogni piattaforma ha affrontato la cura editoriale in modo diverso:

  • Spotify combina la cura guidata dai dati con playlist editoriali, utilizzando le analytics sui comportamenti di ascolto per orientare le scelte pur mantenendo la supervisione editoriale.

  • Apple Music si posiziona come campionessa della cura umana, facendo leva su persone specializzate nei generi e su figure di riferimento (vedi l’articolo Apple Music vs Spotify playlists per maggiori informazioni).

  • Amazon Music sfrutta i dati dei comandi vocali di Alexa per comprendere le abitudini di ascolto e modellare le playlist.

  • YouTube Music include nelle decisioni elementi di engagement video e abitudini di visione.

L’ecosistema delle playlist varia anche in modo significativo per genere. Hip-hop e pop dominano le principali playlist editoriali, spesso generando gli aumenti di ascolti più alti. L’elettronica prospera nelle playlist basate su mood e allenamento, mentre indie e alternative trovano spesso successo in collezioni editoriali orientate alla scoperta. Country e rock, tradizionalmente forti in radio, hanno avuto risultati più misti nell’era delle playlist.

La pandemia di COVID-19 ha accelerato ulteriormente la cultura delle playlist. Con più tempo trascorso a casa, le playlist per concentrazione, relax o conforto emotivo sono cresciute rapidamente, sia in termini di follower sia di attenzione da parte di chi cura.

Come le playlist influenzano ascolti e follower

L’impatto dei posizionamenti in playlist è stato dimostrato da diversi studi e casi reali, anche se i risultati possono variare molto. Per esempio, alcuni casi mostrano talenti che hanno visto crescere gli ascolti di circa il 160% nella prima settimana dall’inserimento in playlist editoriali di grande visibilità. Un altro esempio riguarda un brano che ha totalizzato ~70.000 ascolti durante la permanenza in una playlist editoriale e poi oltre 700.000 aggiuntivi attraverso playlist algoritmiche. Questi casi evidenziano quanto l'aumento possa essere grande in condizioni favorevoli.

Detto questo, la frase “in condizioni favorevoli” è quella che merita davvero attenzione. Le playlist sono senza dubbio strumenti di scoperta molto potenti, capaci di aumentare gli ascolti e far arrivare la musica a nuove persone, ma la loro influenza non è uniforme. Non perché un talento sia più valido di un altro, ma perché spesso entrano in gioco fattori esterni, molti dei quali al di fuori del controllo di chi crea la musica.

Ecco le variabili chiave che determinano quanto un posizionamento in playlist possa fare la differenza:

  • Reach e dimensione della playlist — In generale, più follower ha una playlist, maggiori sono i picchi che può generare e quindi l’impatto complessivo. Una presenza in “Today’s Top Hits” (34M+ follower) difficilmente sarà paragonabile a una playlist di nicchia generata da persone con 50k follower.

  • Tempo di permanenza in una playlist editoriale — L’inserimento in una playlist editoriale è già un traguardo importante, ma la durata della permanenza può fare una grande differenza. Non sempre un brano rimane settimane intere: spesso le playlist editoriali di Spotify tengono un brano solo circa una settimana, limitandone l’impatto a lungo termine. Più a lungo resta, maggiore sarà l’effetto cumulativo.

  • Posizione del brano — La realtà è che più in alto si trova un brano in una playlist editoriale, più probabile è che il posizionamento incida sulla performance complessiva. Le canzoni nelle prime 5 posizioni registrano di solito molti più ascolti rispetto a quelle in fondo alla lista.

  • Save rate — I tassi di salvataggio sono fondamentali per la scoperta. Purtroppo, non sempre chi ascolta salva un brano nella propria libreria, lo aggiunge a playlist personali o segue il profilo. Questo non significa necessariamente che il brano non piaccia: spesso le persone ascoltano playlist legate a un’attività o a un mood, senza l’intenzione di ritrovare quel brano in futuro. Ma bassi save rate riducono l’engagement e gli ascolti ripetuti, abbassando le probabilità che il brano appaia in playlist algoritmiche e indebolendone l’impatto nel lungo periodo.

  • Sforzo promozionale attorno all’uscita — Questo è un fattore che si può controllare. Una strategia chiara o un piano di marketing per il brano è alla portata di chiunque, ma non tutti gli sforzi hanno lo stesso peso. Alcuni talenti hanno budget più alti, che incidono molto sulla promozione.

  • Performance e engagement di base del brano — I brani che già generano ascolti quotidiani costanti e interazioni tendono a ottenere risultati più solidi e duraturi grazie alle playlist.

  • Stagionalità — Le uscite legate a trend, momenti culturali o festività possono generare più engagement. Questo include i brani legati al Natale, alle atmosfere estive, al back-to-school, a San Valentino o a grandi eventi sportivi.

In breve: le playlist possono aumentare significativamente la crescita, ma i risultati non sono garantiti — e ogni talento dovrebbe affrontare il pitching editoriale con questa consapevolezza. Spesso il vero beneficio delle playlist deriva da quanto bene riescono a integrarsi con la spinta e le attività promozionali già in corso.

Questo porta a due domande chiave: come può concretamente una playlist di successo influenzare ascolti e follower, e quali dati abbiamo a supporto?

Incremento di ascolti e pubblico

Uno dei benefici più immediati dei posizionamenti in playlist è l’aumento degli ascolti.

Molti articoli e guide parlano di “grandi aumenti”, “incrementi notevoli” o “forti impatti” derivanti dai posizionamenti in playlist, ma spesso si tratta di affermazioni qualitative o aneddotiche, non supportate da dati su larga scala. Tuttavia, esistono esempi concreti che mostrano quanto possano essere incisive le playlist, sia per talenti emergenti sia per quelli già affermati.

Per esempio, nel 2022, il talento francese Mathieu Saïkaly ha promosso il suo brano Neptune attraverso playlist di terze parti con Groover Obsessions. Nel giro di un solo mese, i suoi ascoltatori mensili sono aumentati del 33%, con Neptune che ha totalizzato 10.961 ascolti su Spotify grazie a diverse playlist. In confronto, il suo brano precedente Respirations #1 aveva raggiunto solo 6.582 ascolti nell’arco di nove mesi, evidenziando la differenza che il supporto delle playlist può fare.

Il talento indie-folk Elkvilla offre un esempio ancora più evidente. Il suo brano Sink è rimasto a lungo nella playlist editoriale Acoustic Pilates, generando ben 486.561 ascolti direttamente da quel posizionamento. Quella presenza in playlist editoriale ha inoltre innescato la comparsa in playlist algoritmiche, con oltre 160.000 ascolti aggiuntivi.

Al contrario, il suo brano The Cold Will Keep You Here è stato inserito per sole due settimane in Indie Brandneu, portando appena 3.816 ascolti in più. Lo stesso brano, però, ha avuto un impatto molto maggiore quando è stato incluso nella playlist editoriale personalizzata Sommergefühle, dove è rimasto per tre mesi e ha totalizzato 646.228 ascolti. Il confronto mette in evidenza quanto contino sia la durata sia il contesto della playlist nel determinare i risultati.

Per i Bram Stalker, una band stoner rock, il supporto editoriale ha portato guadagni più modesti. Il loro brano Dormant è stato inserito per una settimana nella playlist All New Rock di Spotify, generando 9.114 ascolti. Sebbene meno eclatante rispetto ai risultati di Elkvilla, si è trattato comunque di un incremento significativo di visibilità per un progetto emergente.

Nel frattempo, la band di musica cristiana Mass Anthem dimostra la forza della costanza a lungo termine. Dopo l’accoglienza tiepida del loro album Waymaker Worship nel 2020, hanno perseguito una strategia sostenuta di pitching, mirando a 30–50 playlist di worship nell’arco di uno o due anni. Questo approccio li ha aiutati a crescere da 50.000 a 250.000 ascolti mensili dell’album — un aumento di 5 volte ottenuto non con un singolo posizionamento, ma con un marketing persistente attraverso le playlist.

Infine, un caso studio di Syntax Creative mette in luce come il posizionamento in playlist possa contare più della popolarità già esistente. In questo studio, due talenti hanno pubblicato brani nello stesso genere lo stesso giorno, ottenendo entrambi posizionamenti in playlist ad alta trazione. Il talento B, un nuovo duo con appena 3.150 ascoltatori mensili, è stato inserito al terzo posto e vi è rimasto per quattro settimane. Il talento A, più affermato con 184.000 ascoltatori mensili, è stato collocato alla posizione #31 per tre settimane. Nonostante la differenza di pubblico, il talento B ha generato il 160% di ascolti in più rispetto al talento A, principalmente grazie al posizionamento più alto in playlist.

Questi casi studio sottolineano alcune realtà chiave: i posizionamenti in playlist possono produrre risultati che vanno da incrementi modesti a crescite esponenziali, ma gli esiti dipendono da vari fattori come dimensione e pubblico della playlist, durata e posizione del brano, oltre alla strategia di marketing attorno all’uscita. Interessante notare che anche talenti emergenti con fanbase più piccole possono superare chi è più affermato se il contesto della playlist gioca a loro favore.

Ma mentre gli ascolti possono salire in modo significativo, la domanda più importante per molti talenti rimane: le playlist aiutano davvero a costruire una fanbase fedele?

Le playlist portano a più fan? Non necessariamente.

Essere inseriti in una playlist — soprattutto se editoriale — può sembrare un punto di svolta. E in parte lo è. Ma non è una bacchetta magica in grado di trasformare all’istante la tua carriera musicale.

Cosa possono fare bene le playlist:

  1. Aumentare gli ascolti. Qualsiasi posizionamento porta il tuo brano davanti a nuove persone, e questo di solito si traduce in un incremento evidente dei play.

  2. Espandere la tua portata. Le playlist espongono la tua musica a un pubblico che altrimenti probabilmente non ti avrebbe mai scoperto.

  3. Agire come “social proof”. Un posizionamento in una playlist editoriale o curata di rilievo comunica credibilità. Dimostra a fan, etichette e professionisti del settore che la tua musica ha slancio e valore.

Tuttavia — ed è qui il punto cruciale — gli ascolti da playlist non si trasformano sempre in fan o follower a lungo termine. Come già accennato, molte persone trattano le playlist come musica di sottofondo. Possono apprezzare il tuo brano nel momento, contribuendo ad aumentare gli ascolti, ma non è detto che lo salvino, ti seguano o tornino ad ascoltarti in seguito.

E i dati disponibili lo confermano. Prendiamo l’indie-folk Elkvilla, citato prima: grazie a playlist editoriali e algoritmiche, la sua musica ha raggiunto circa 580.000 ascoltatori. Eppure, in quel periodo contava solo 537 follower su Spotify. Anche assumendo che tutti quei follower derivassero da quei posizionamenti (un’ipotesi ottimistica), la conversione era appena dello 0,09% — il che significa che il 99,91% di chi ha ascoltato non è rimasto. Allo stesso modo, la band rock Bram Stalker ha visto un picco di ascolti grazie alla presenza editoriale, ma senza un corrispondente aumento nel numero di follower.

In molti casi osservati, i posizionamenti in playlist portano a incrementi notevoli negli ascolti, ma la conversione in nuovi follower o fan di lungo periodo resta limitata. È possibile che un talento veda migliaia di play senza un aumento proporzionato di follower — segno che l’ascolto rimane spesso passivo, a meno che non ci siano ulteriori azioni di coinvolgimento (salvataggi, condivisioni, visite al profilo).

In sostanza, è la differenza tra guadagni a breve termine e crescita a lungo termine. Un posizionamento in playlist può aprire la porta, ma non ti trascina dentro. Per trasformare ascoltatori occasionali in fan fedeli servono strategie successive — che includano contenuti coinvolgenti, interazioni dirette, concerti dal vivo o attività promozionali costanti.

Come i talenti possono massimizzare le performance in playlist

Finire in una playlist è un traguardo — ma il vero lavoro inizia dopo. Il modo in cui sfrutti quella presenza determina spesso se si tratterà solo di un picco temporaneo o di un passo verso una crescita duratura.

1. Promuovi il posizionamento in playlist con intenzione

Essere inseriti in una playlist importante è una notizia da condividere! Promuovila sui tuoi canali social, tramite la mailing list e persino durante i live. Non limitarti a un solo post: costruisci una piccola campagna attorno all’occasione. Usa stories, contenuti dietro le quinte e link diretti alla playlist per aumentare ascolti e salvataggi. Più attività genera il tuo brano, più forte sarà il segnale inviato alle playlist algoritmiche, aumentando la tua portata. Inoltre, più salvataggi e follower ottieni, meglio performerai sul lungo periodo!

2. Trasforma il social proof in collaborazione

Come detto, i posizionamenti in playlist rafforzano reputazione, credibilità e valore complessivo. Usa questo slancio per aprire nuove porte: contatta altre persone per collaborazioni, proponiti ad altri curatori o alla stampa, e crea cross-promotion con chi condivide un pubblico simile al tuo. Un posizionamento in playlist non è solo esposizione: è una leva per fare networking e generare nuove opportunità.

3. Sii paziente e costante

Le playlist raramente cambiano una carriera dall’oggi al domani. Considerale parte di una strategia più ampia. Monitora le tue analytics per capire quali playlist generano engagement significativo e usa queste informazioni per affinare i pitch futuri. Rimani costante nelle uscite e nella promozione, perché lo slancio si costruisce nel tempo. Pazienza e perseveranza sono ciò che trasforma una presenza in playlist in una crescita duratura.

Conclusione: le playlist come acceleratori, non come obiettivi finali

Le playlist editoriali sono potenti: possono portare la tua musica davanti a centinaia di migliaia di nuove persone in una notte e far salire i tuoi ascolti alle stelle. Ma non sono una garanzia di carriera. La vera lezione è questa: le playlist accelerano la crescita quando si affiancano a uno slancio già esistente, ma non sostituiscono la necessità di una strategia più ampia.

Per i talenti, l’approccio più intelligente è considerare i posizionamenti in playlist come un tassello del puzzle, non l’immagine completa. Le playlist possono accendere la scintilla della scoperta, ma sta a te trasformarla in qualcosa di duraturo: connessione, fedeltà e fan reali che rimangono anche quando i riflettori della playlist si spengono.

FAQs

Sì, le playlist possono essere uno strumento potente per la crescita, ma non sono una soluzione garantita. Possono aumentare in modo significativo i tuoi ascolti ed espandere la tua portata verso nuove persone. Tuttavia, l’impatto dipende da fattori come dimensione della playlist, posizione del brano e durata della permanenza. I risultati migliori arrivano quando i posizionamenti sono combinati con altre attività promozionali.

Non sempre. Anche se i posizionamenti possono far crescere gli ascolti, non sempre si trasformano in una fanbase fedele. Molte persone usano le playlist come musica di sottofondo e potrebbero non salvare il brano o seguire il tuo profilo. Di conseguenza, il tasso di conversione da ascolti a follower può essere molto basso — in alcuni casi, meno dell’1%. Creare una fedeltà reale richiede ulteriori attività al di fuori delle playlist, come promuovere la tua musica sui social o ai live.

Essere inseriti in una playlist è un grande risultato, ma il vero lavoro inizia lì. Una volta che la tua musica è stata selezionata, promuovi attivamente la presenza. Usa i tuoi social, la newsletter e i concerti per farlo sapere ai tuoi fan ed incoraggiarli a salvare il brano e seguire il tuo profilo. Questa attività invia segnali positivi agli algoritmi della piattaforma, che possono includere la tua musica in altre playlist algoritmiche. Usa lo slancio per fare networking con curatori, collaborare con altre persone e cercare visibilità nella stampa.

No. Le playlist sono uno strumento di scoperta, ma non una base di carriera. Possono accelerare la crescita, ma non sostituiscono attività fondamentali come andare in tour, creare contenuti coinvolgenti, interagire direttamente con i tuoi fan o sviluppare una strategia di marketing più ampia. I talenti di maggior successo vedono i posizionamenti in playlist come un tassello di un piano più completo.

Concentrati nel costruire fondamenta solide per la tua musica. Questo include pubblicare con costanza, assicurarti che la presentazione sia professionale (cover di qualità, metadata accurati, press kit curato) e fare pitching attraverso servizi ufficiali e professionali come iMusician. Infine, creare relazioni con curatori indipendenti e sviluppare una base di pubblico iniziale aumenta le possibilità di essere selezionati.

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